Asociación para el estudio de temas grupales, psicosociales e institucionales

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A. Bauleo: I Gruppi operativi nelle istituzioni pubbliche (italiano)


Gruppi Operativi nelle Istituzioni pubbliche 

Prof. Armando Bauleo 


Non pensavo di avere dei colleghi, Sanzani, Buongiorno, Boscolo e Montecchi, tanto intelligenti, per discutere di una situazione che possiamo definire un groviglio di problemi.
Nelle loro relazioni, ci hanno dato un’idea dei gruppi operativi nelle istituzioni pubbliche. Per quanto mi riguarda, non rimane che fare delle “associazioni libere” su questo tema.
In una discussione con Marta De Brasi, emergeva un forte e appassionato argomento, che vorrei porre alla discussione: “come operiamo con una tecnica democratica, all’interno di istituzioni che ogni giorno, diventano sempre più autoritarie”.
Non analizziamo il perché diventano più autoritarie o che cos’è una società democratica nei diversi livelli giuridico e costituzionale, oppure queste forme di presidenzialismo o parlamentarismo, perché servirebbe un seminario specifico.
Partiamo dalla tecnica e facciamo riferimento autori come Marx, Heiddegger e Benjamin, i quali parlavano di una tecnica di tipo industriale o delle macchine.
Attualmente, quando parliamo di tecnica ci riferiamo ad una tecnica che gioca con il nostro corpo, con la nostra mente ed è in relazione con altri soggetti che sono dentro all’esperienza. Un autore italiano Paolo Virno, affronta il problema delle masse, partendo da un articolo di Marx in cui affermava che la conoscenza è dentro alla macchina e non fuori. Lo stesso Freud ha affrontato l’argomento e lo studio se la psicoanalisi era una concezione del mondo oppure una tecnica psicoanalitica. Quali differenze esistono tra una concezione del mondo e la psicoanalisi. Lo stesso Bleger fa uno studio e scrive un articolo interessante sulla differenza tra psicoanalisi come tecnica e teoria dell’inconscio e una psicoanalisi che potrebbe divenire una concezione del mondo. Questo ci serve per pensare quando parliamo di tecnica e in questo caso di tecnica operativa, entra in gioco la soggettività, la quale è in questo momento totalmente compromessa. Possiamo discutere su due linee di sviluppo:  un primo livello che cosa significano queste tecniche che lavorano sulla soggettività (…non registrato…), un secondo livello: la relazione tra la tecnica e l’istituzione (…), possiamo dire con una espressione simpatica e intelligente dei messicani: “fuori dall’istituzione è un errore dentro alle istituzioni è un orrore” questa frase sintetizza cosa si fa dentro e cosa si fa fuori.
Se prendiamo la linea delle istituzioni, già sviluppata da Bleger, Roussy e Robert Castel, analizziamo che le istituzioni non sono solo un ambito esterno ma sono anche dentro di noi.
Non possiamo negare, che certi nostri comportamenti attuali, sono prodotti da un sistema di organizzazione istituzionale, nella quale siamo coinvolti.
Allora cosa significa applicare la tecnica di gruppo dentro alle istituzioni, le quali, non sono soltanto fuori di noi ma anche dentro. Come lavoriamo con questo doppio aspetto. Per salvarci da questa situazione pensiamo alle istituzioni come se fossero al di fuori di noi e non dentro.
Come si fa, non solo un’analisi dell’istituzione ma anche un’analisi della soggettività che è in gioco all’interno delle istituzioni.
La nostra soggettività è coinvolta su due livelli: il piano istituzionale che la organizza e il piano dell’inconscio.
“Noi non abbiamo coscienza di quanto l’imperialismo yankee è dentro al nostro inconscio”, dice Ramonet nel Monde Diplomatique.
Attraverso la musica, il cinema sono penetrati nel nostro inconscio e come lo hanno organizzato. Questa frase ci fa riflettere, perché noi pensiamo di essere immuni dal contagio.
Un libro di Esposito ci fa riflettere sull’immunità, ci fa pensare come il flusso psicologico o la famosa “infezione” di cui parlava Freud, ci invade e ne rimaniamo impregnati.
Continuando su questa linea, se utilizziamo la tecnica operativa all’interno delle istituzioni, fino a che punto si fa un intervento istituzionale?
Questa era una vecchia proposta sia degli istituzionalisti sia di Guattari.
L’applicazione di una tecnica all’interno dell’istituzione non può rimanere un fatto isolato.
Incide e scopre aspetti dell’istituzioni che molte volte rimangono “scissi” e non comunicano.
Qui viene un problema sull’applicazione. È stata sottolineata l’importanza del setting.
Non possiamo negare che istituire un setting all’interno delle istituzioni, modifica il rapporto tra i professionisti. Se stabilisco che vedo gli utenti-pazienti, in un tempo definito e uno spazio determinato, questi elementi ordinano l’istituzione e l’organizza in un’altra maniera.
Finisce un rapporto di tipo familiaristico o conviviale complice dentro alle istituzioni.
Non sappiamo se i soggetti delle istituzione o le istituzioni, fino a che punto vogliono davvero modificare questo tipo di rapporti. Qui viene un problema sull’applicazione delle tecniche dentro all’istituzione.
Poi vi è un altro problema con “i gruppi ben fatti”, dimostrano nel latente, conflitti che appartengono all’istituzione.
A questo punto, viene una complicazione per chi coordina i gruppi. Se il coordinatore è esterno all’istituzione oppure è un coordinatore che lavora all’interno dell’istituzione. Per chi coordina questi gruppi emerge un certo tipo di problema istituzionale
Qui inizia a farsi un groviglio di situazioni non chiare, soprattutto quando non consideriamo il gruppo da una parte e l’istituzione da un’altra.
Ci troviamo bruscamente in una situazione in cui i gruppi devono prendere in considerazione l’istituto o il latente istituzionale nel proprio latente gruppale. Possiamo pensare come ai vasi comunicanti di Breton, una trasmissione non conscia che transita in queste situazioni.
Leonardo ha parlato di una controffensiva.
Per fare una controffensiva c’è bisogno di uno strumento di base che è lo Schema di Riferimento.
Con quale schema di riferimento si fa una controffensiva? Leggendo Carl Schmitt, un forte pensiero tedesco che anche si è complicato con il nazismo, ma non si capisce come era l’intreccio lì, questo libretto parlava della “teoria del partigiano”, in cui parla del partigiano, del guerrigliero e della differenza tra l’esercito ufficiale,  l’armeè e questo partigiano. Si chiedeva come, il partigiano, in questo esercito ufficiale giocava maggiormente il problema dell’ideologia. Il suo compito era di portare avanti un’ideologia, senza sapere se avrebbe vinto o no.
Tutta questa problematica, ritorna oggi con la situazione del terrorismo. Quando parlano del terrorismo, il mio problema è che non so di che cosa stiamo parlando. Un povero negro è un terrorista o un arabo, per il solo fatto di essere arabo è un terrorista. Già non so che cos’è il terrorismo.
Per questo oggi viene il problema del partigiano, dell’ideologia. Si tocca il problema della soggettività, che dovrebbe essere studiata in un modo più approfondito, perché anche in quel contesto c’è un gruppo e una istituzione.
Dovremmo fare un esercizio di pensiero, pensare in questo tipo di problematiche che invece tante volte non lo facciamo per un adattamento e per una nostra tranquillità.
Perché quando Leonardo parla di controffensiva, dobbiamo pensare a questo tipo di lotta, che non sappiamo dove va a finire, ma rende la vita più “mossa”.
Questo era anche uno dei problemi degli istituzionalisti Lourau, Lapassade e lo stesso Guattari.
Si chiedevano da dove si fa un’analisi istituzionale, chi mi permette di farla, qual’è il posto sociale che occupo per fare una ricerca su una istituzione, cioè qual’è l’implicazione del soggetto nell’analisi istituzionale.
Quando applichiamo una tecnica all’interno delle istituzioni, dobbiamo essere consapevoli degli effetti della tecnica che si producono nell’istituzione.
Non siamo neutri, quando applichiamo una tecnica collochiamo un dispositivo e di conseguenza si producono certi effetti.
Il nostro problema quindi sarebbe quali sono questi effetti, come dicevo all’inizio, quando introduciamo la tecnica operativa dentro ad una istituzione, questa diviene un intervento istituzionale, nel senso che se veramente si prendono in considerazione quelle tecniche introdotta nell’istituzione. Dobbiamo accettare cambiamenti che molte volte non erano attesi.
Certe volte penso che le istituzioni fanno bene a non accettare il dispositivo del gruppo operativo all’interno dell’istituzione. Sono furbi hanno visto al di là, che cosa può succedere quando le persone che fanno parte di un gruppo, cominciano a parlare tra loro dei problemi che li coinvolgono. Quando parliamo del rifiuto delle istituzioni, dobbiamo pensare che, il rifiuto dell’istituzione, appartiene al problema dello stereotipo e della resistenza al cambiamento. La cosa conosciuta tranquillizza, la cosa non conosciuta inquieta. Questo è uno dei problemi di base. Operiamo nel campo della soggettività e queste cose succedono. Le possiamo osservare nelle analisi individuali, gruppali e con le analisi istituzionali.
Le resistenze sono in relazione al fatto che rompendo lo stereotipo si perdono le comodità, le abitudini del quotidiano. Perdere queste comodità non è tanto falice.
Continuando, con il problema che mi ha posto Loredana sulla questione del sincretismo, interazionismo. Questa sarebbe una ipotesi necessaria, ma molto difficile. Quando un gruppo comincia a funzionare parte da un certo sincretismo, tutti si agglutinano e pensano di avere la stessa idea sul compito da realizzare. Solo dopo un certo processo, si rendono conto che non tutti hanno la stessa idea. Possiamo dire che a partire da questo momento le persone che partecipano al gruppo realizzano che sono differenti, che da qui, inizia la vera dinamica di gruppo.
Le persone cominciano ad imparare le differenze. Imparare le differenze è un altro problema interessante.
C’è una fantasia di uguaglianza, che forse è dato dalla legge, ma non per le persone.
Come ultimo punto, vorrei soffermarmi sulle risorse. Uno dei problemi che aveva studiato Bleger è in relazione alle risorse che si mettono in gioco quando si inizia a lavorare dentro all’istituzione.
Quando Bleger parlava di risorse, intendeva le risorse umane. Quanto noi abbiamo lo strumento  non solo nella testa ma anche nel corpo. Qui si apre un vecchio problema del corpo dentro le istituzioni.
Si è iniziato a prenderlo in considerazione con il fenomeno del “Bourn-out”, perché prima non si parlava del corpo nelle istituzioni.
Gli effetti li vediamo, quando alcuni lavoratori ci portano dei problemi che non sono chiari, ma vengono direttamente da “situazioni istituzionali”.
Per “situazioni istituzionali” intendo tutti quei rapporti che esistono all’interno delle istituzioni e che non sempre dipendono dall’organigramma. Perché l’istituzione siamo ognuno di noi. Dentro a questo gioco è compromesso il nostro corpo. Qui si apre un altro capitolo sul corpo dentro al gruppo, dentro all’istituzione e l’eredità che abbiamo già segnata nel nostro corpo.

*  Ponencia presentada en el Acto Pre-congresual (al Congreso Internacional “Actualidad del Grupo Operativo” celebrado en Madrid, febrero 2006) que tuvo lugar en Rimini, Italia, el 15 de octubre de 2005.

** El Profesor Bauleo es psiquiatra, psicoanalista y psicólogo social.


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